Si cresce per anni. Si muore in un secondo.

 

Perché è più facile stare male che stare bene?

Perché i giorni di serenità si contano sulle dita di una mano, mentre i giorni di dolore si contano come neutrini al Cern?

Quanto fa 1261 diviso 97? Fa 13.

Che cosa è l’amicizia? Che cosa è la sofferenza? Che cosa è la serenità? Che cosa è la solitudine?

1261 diviso 97 fa sempre 13.

Quando Stefan Banach scoprì di avere un cancro incurabile disse a sua moglie: “Sono felice di morire qui, vicino a te”.

Banach avrebbe obiettato sul fatto che 1261 diviso 97 possa sempre e comunque fare 13. Non lo avrebbe accettato. E forse aveva ragione. Del resto 1261 è una invenzione. Proprio come 97. Proprio come 13.

Supponiamo che in uno spazio di Banach 1261 diviso 97 faccia “xxjh”.

Allora, in questo caso, xxjh sarebbe una anomalia o un qualcosa di bellissimo? La risposta a questa maestosa domanda, purtroppo, muore nella democrazia delle opinioni, in questo spazio, non di Banach.

Del 13 io posso sapere tante cose ed è proprio la certezza che ne consegue a poterlo far sembrare più bello di una anomalia bellissima.

Io scelgo xxjh. Perché non mi accontento. Perché io su perché metto l’accento chiuso. E questo mi fa stare bene. E mi fa stare bene pensare che xxjh possa essere tutto e niente. Non lo saprò mai. Non lo sapremo mai. Ed è proprio questo che lo rende eccezionalmente superiore a 13. Perché posso anche poter pensare che che xxjh sia nero: la pece. Ma nei momenti nei quali xxjh, nella mia testa, sarà l’aroma dei prati della Scozia, o la bellezza dei cieli stellati primaverili, allora sarà proprio in quei momenti che dirò: il 13 è un bel numero, ma non me ne frega un cazzo, fondamentalmente.

La nostra cognizione del dolore detta la nostra sensibilità. Non il viceversa. Scaturisce tutto dalle nostre esperienze. Se non fossimo assecondati non saremmo liberi di essere xxjh, ma saremmo sempre e solo un numero. Un numero tra le n-ple di insiemi R di infiniti spazi di Sobolev. L’amicizia interviene qui. L’amicizia scruta l’esplorazione della bellezza, e la lascia sfogare. Nel tempo.

Non si deve avere paura della morte. Si deve però avere paura di come si muore.

Morire in solitudine fa paura perché avere qualcuno vicino prima di andarsene, è l’unica occasione che si ha per far capire a chi resta che non ha senso avere paura.

La vita è troppo lunga per essere considerata breve. Si cresce per anni. Si muore in un secondo.

Così sia.

 

 

Lascia un commento